martedì 29 aprile 2008

Un'idea, un concetto, un'idea...

... finché resta un'idea è soltanto un'astrazione. Se potessi mangiare un'idea avrei fatto la mia rivoluzione.
Così cantava il grande Giorgio Gaber, tanti anni fa, ma ancora la sua poesia resta di un'attualità sconcertante, a riprova che i veri poeti anticipano sempre i tempi.

Una nota a margine, però, c'è: in effetti, all'epoca dell'uscita del pezzo (fine anni Settanta? Non mi ricordo, e il disco non so più dove è finito) forse di idee ce n'erano di più, e Gaber cantava dell'imbarazzo della scelta, che troppo spesso porta a non scegliere niente.

Oggi, quando almeno apparentemente le scelte sono molto maggiori, di idee in giro se ne vedono pochine... primo sintomo della decadenza dell'impero occidentale? Oppure, nella realtà dei fatti, le scelte possibili sono solo fittizie, rendendo il nostro libero arbitrio una mera realtà virtuale? Siamo veramente un popolo di telespettatori, al massimo intenti nelle faccende di casa mentre il video propina paesaggi tropicali che non assaporeremo mai?

Da qui la mia necessità di un'idea, di un progetto, di una realizzazione non di un sogno, ma di un'esigenza basilare della specie umana: migliorare.
Migliorare la qualità della vita, in buona sintesi, il bisogno di realizzazione che ognuno possiede, magari costretto e soffocato, la necessità di gratificazione che nessuno shopping può alleviare, l'istinto primordiale che spinge a costruire qualcosa, talmente forte che, in una versione vagamente OGM, porta agli ecomostri... definizione che, più che a un edificio, oggi calza a pennello della specie in quanto tale.

Bene, ragazzi, a questo punto, serve veramente un'idea. Mi andrebbe bene anche una scoperta, un'invenzione, una rivoluzione tecnologica, un qualcosa, insomma, da cui ripartire, grazie al quale sganciarsi dai gravi che ci tirano verso il fondo (qualcuno dice che lo abbiamo già toccato, e stiamo scavando...), quel minimo di spinta verso l'alto che possa fermare la discesa, almeno, e dare il tempo di riflettere, di riprendere fiato, ragionare, e magari trovare una soluzione migliore.

Solo che spremersi le meningi da soli è puro solipsismo... ci vuole proprio, il dibattito.

E chi dice che non possa essere una festa?

venerdì 25 aprile 2008

Ed ora... dibattito!

Allora, ieri pausa di riflessione, come alle elezioni, ed oggi, venticinque aprile, apriamo il dibattito. Alla (ovvia) domanda che tutti vi state già facendo non posso che rispondere: e che ne so? Non so nulla della Resistenza, non c'ero e non riesco più a fidarmi di chi ne parla in un modo o nell'altro, sono vagamente disgustato dalla politica, dai politici e dal politichese, anche l'antipolitica comincia a darmi sui nervi, almeno da quando ha adottato un'etichetta che sbandiera come se fosse una panacea per tutti i mali... e allora? Parliamo del tempo? No, per carità... finisce che salta sempre su quello che pontifica sull'effetto serra, e su come evitarlo, ridurlo, o sui veri colpevoli...

Bene, assodato che l'onda qualunquista mi sta travolgendo, come fare per porvi rimedio oppure per cavalcarla senza esserne sommersi, tentando nel contempo di trovare un obiettivo, una meta qualsiasi, un'indicazione stradale?

Per citare Sherlock Holmes: "una volta eliminato l'impossibile, quel che rimane, per quanto improbabile, deve essere la verità". Quindi, avendo già pesantemente defalcato gli argomenti a disposizione, cosa rimane? 
Beh... noi. Noi tutti, come persone, esseri umani, personalità più o meno complesse o complessate, ma anche noi come comunità, come insieme di rapporti e relazioni che ci legano, a volte allontanandoci, come insieme di sensazioni, emozioni, percezioni... in fondo, non è la base di tutto? Allora, ricominciamo da capo: andiamo a vedere chi siamo e perché siamo così, chi ci sta intorno e chi è che ci sta intorno, cosa vogliamo da noi stessi e dagli altri, perché lo vogliamo, e come possiamo fare per costruirlo.

L'ultima parola non è messa a caso: costruire è, dovrebbe essere, IL verbo. Sono convinto che non esiste possibilità alcuna di avere un senso, di dare un senso alle proprie esistenze senza l'uso intenso e massiccio di questo verbo, in tutte le accezioni possibili. Dalla costruzione di un piatto di spaghetti al piano per salvare il mondo, non ne esci fuori: costruire, costruire, costruire.
In fondo, è l'unico modo per sconfiggere l'entropia...

Allora, adesso apriamo il dibattito: ci siamo guardati in faccia, ci siamo capiti e ci vogliamo tutti bene. Quindi, ora, tocca iniziare a costruire qualcosa.

Ehm... qualcuno ha un'idea?

mercoledì 23 aprile 2008

Chiare, fresche, dolci acque...

... che rinfrescano e lavano l'anima dai malumori. È bello, no, è meraviglioso, esaltante, commovente, e non ho più aggettivi, ma fate voi, trovarsi a riscoprire per l'ennesima volta... l'acqua calda! No, non è una presa in giro: a volte l'ovvio, lo scontato, ciò che si dà per acquisito, i propri punti fermi, le granitiche convinzioni e gli imperituri valori... vengono dimenticati. Dimenticati a causa, magari, di un quotidiano sempre più invadente e "pesante" da digerire, di un'ansia che diventa una costante di vita, mai errore più grave fu fatto, e ciò che ti potrebbe salvare, ciò che hai con fatica, oppure con entusiasmo costruito rimane a prendere polvere, in uno scaffale. Bene, ho una notizia per voi e per il mondo: è primavera! È ora di prendere il piumino e dare una bella spolverata in giro, togliere il grigio dell'inverno, aprire le finestre ai tepori del primo sole di aprile e perdersi nei ricordi guardando le vecchie fotografie. 
Anche se il tempo meteorologico non aiuta tanto, il principio rimane valido: ci sono cose che si hanno e ci si scorda di avere, ogni tanto, spesso, bisogna rimetterle "in funzione" e ricaricarsi.

Enrico Ingenito è una persona che questo lo sa e lo pratica, ed ora (vabbè... da sempre) lo insegna, a modo suo. I suoi pensieri, quelli espressi sul suo blog e quelli che non lo sono ma che chi lo conosce intuisce, li considero autentici raggi di sole primaverile, e sono veramente molto fortunato ad esserne scaldato direttamente...

Va bene, stappiamo il vaso di Pandora. Prosit!

martedì 22 aprile 2008

Un altro giorno

Un altro giorno è passato. Oggi è piovoso, grigio, e la promessa di primavera di domenica scorsa è rimasta una vana promessa. Ma non sono triste, niente affatto: so che dietro le nuvole il sole continua a splendere, come so che prima o poi tornerà a scaldarmi. Ragazzi, continuo a ricevere le vostre mail di incoraggiamento, e ve ne sono grato, e prima o poi troverò qualcosa da dire che abbia un senso... lasciatemi solo il tempo per chiarirmi le idee.

Di fatto, l'unica cosa degna di nota è: chi ha mamma non tremi. Voglio pubblicamente ringraziare mia madre per aver risollevato il morale di Donatella, mia compagna di vita ed amore immenso, con il solo fatto di esserle stata vicino, in questo momento per noi un po' difficile, come solo una madre sa fare. È una cosa naturale, normale, persino ovvia, per certi versi, ma assolutamente non scontata: come ho già detto, la comunicazione dell'affetto è una delle prime forme dell'affetto stesso, per quanto banale possa sembrare il concetto. Quindi, grazie, mamma... di tutto.

L'importante, in fondo è sapere di non essere soli.

lunedì 21 aprile 2008

Sorprendente...

È veramente sorprendente cosa può fare la comunicazione... il calore dell'affetto, quando viene comunicato, è un lenitivo dell'anima, per le sue escoriazioni, per i suoi acciacchi. Non lo avevo sentito mai come questa volta: chi mi conosce sa che non sono particolarmente espansivo, ma che conservo gelosamente l'affetto, dentro di me. Ora, alla bella età di quarantaquattro anni, ho realizzato definitivamente che sbagliavo: l'affetto, l'amore, la simpatia, l'amicizia, vanno comunicati sempre, o almeno ogni volta che se ne presenti l'occasione, senza remore o timidezze. È come accendere una candela per spezzare il buio che ti circonda, accendine molte, e vedrai sempre più lontano, e vedrai le tue paure allontanarsi sempre di più, assieme alle tenebre.

Va bene, mi sono lasciato prendere la mano. Ma sono emozionato, e contento, e la cosa porta ad esagerare... perlomeno nella forma. La sostanza no, quella rimane esatta: vi voglio bene, ragazzi, ricordatevene sempre, e da oggi, provvederò a ricordarvelo spesso. Anche senza parole.

domenica 20 aprile 2008

La prima volta non si scorda mai...

Timidamente, provo ad entrare nella "community" dei bloggers... non so esattamente se per vanità, per curiosità o (spero) perché ho effettivamente qualcosa da dire. L'inizio è stato sicuramente per curiosità: leggere i blog degli amici, o di estranei, parlare con loro, rispondere a quesiti, pensieri, domande, rendersi conto che esiste un intero universo nascosto nella rete che è sciocco, ormai, etichettare sprezzantemente come "virtuale"... e sentirsi allo stesso tempo quasi semplici spettatori, utenti "televisivi" della rete, mi ha spinto a tentare di tuffarmi nell'immenso oceano. 
Vabbé... non esageriamo: un primo piede nell'acqua, via... la mia solita prudenza. Però sono contento di essere qui, e non importa se nessuno leggerà mai questi miei piccoli pensieri. In fondo, e questa e la parte di vanità, scrivo per me stesso, perché amo sentirmi parlare (me lo hanno detto fin troppe volte), e forse perché mi serve per chiarirmi le idee. 
E qui arriva la speranza. Speranza di riuscire, prima di tutto, speranza di non fare figuracce, in secondo luogo, e, ma non ultima, speranza che queste riflessioni possano essere utili a qualcuno. Già... in fondo, questa è la prima cosa che ho capito, credo di aver capito, della rete: deve poter essere utile. 
L'utilità ha molte facce, infinite sfumature, tanti modi diversi di essere, ma, secondo me, un'unica finalità: la sensazione di sentirsi utili, la gratificazione che viene dal sapere, dal sentire che hai contribuito, anche infinitesimamente, alla costruzione di qualcosa. 
Ovviamente, devi ritenere valido questo qualcosa, ma questo va da sé.

Tanto tempo fa, quasi in un'altra vita, ho fatto qualcosa del genere, ed ancora conservo una pila di fogli dattiloscritti (già, l'informatica stava prendendo piede, ma ancora non avevo un computer...) in cui ho trascritto anni di pensieri, dai più sciocchi ai più divertenti. Questa pila di fogli non è stata letta mai da nessuno, ed è morta lì, a prendere polvere in un raccoglitore nella mia libreria... completamente inutile. 
Bene, ho intenzione di ricominciare, ma questa volta, in barba alla mia timidezza, in pubblico: e se fischi hanno da essere, fischi siano... finisce che imparo qualche altra cosa.

E di una cosa sono assolutamente certo: non ho nessuna intenzione di smettere di imparare.