domenica 28 settembre 2008

Endless waltz

Non so ballare, questo à un fatto. Ma un valzer senza fine lo sto danzando da sedici anni, delicatamente, indissolubilmente avvinto alla stessa persona... e non mi stancherò mai di danzare con lei.

Donatella, oggi, ha letto per la prima volta il mio blog, ed ha voluto postare un commento. Era talmente buffa, alle prese con la tastiera, che mi sono dovuto allontanare per non ferirla con le mie risate. Il computer, la rete, internet e i blog sono oggetti sconosciuti, per lei, e vederla avvicinarsi ad essi è stata una cosa divertentissima... e tenera.

Così, mentre riscorrevamo a ritroso i miei post, mi sono accorto che di lei ho effettivamente parlato poco, eppure è una parte indispensabile della mia esistenza, il cuore stesso della mia vita... senza, credo non sarei neppure vivo.

Allora ho deciso di pubblicare la sua foto più bella, quella scattatale da un amico fotografo assieme alla neonata nipotina Giulia, aveva allora diciassette giorni, nel dicembre di due anni fa. È la foto che fa da sfondo alla scrivania del mio Mac, sia a casa che in ufficio, e non mi stanco mai di guardarla: è il ricordo costante delle mie emozioni più belle e più profonde, e mi accompagna tutti i giorni, tutto il giorno, anche a computer spento.


Mi ricorda che vivere è, innanzitutto, gioia.

martedì 23 settembre 2008

Landing on a desert planet


Atterrando su un pianeta deserto: la traduzione del titolo di questo post. In effetti, potrebbe sembrare che non sia esattamente questo, il pianeta Terra, Sol3, Gaia o comunque lo si voglia chiamare: siamo talmente tanti che è più simile ad un formicaio... eppure, questa dannata palla di fango che rotola nello spazio è anche un deserto. Un deserto di possibilità, di prospettive, in buona sintesi, di futuro.

Un eminente scienziato ha appena dichiarato che ci siamo mangiati tutto ciò che era a nostra disposizione per l'anno 2008, e siamo al 23 settembre, di conseguenza, o si digiuna fino a Capodanno, o si comincia a consumare la roba dell'anno prossimo... alla faccia dei "future"! Che sia vero, non sia vero, sia puro allarmismo o consapevole segnale d'allarme, non sono in grado di giudicarlo, ma la sensazione che lascia fa accapponare la pelle. Io sono anche sovrappeso... che faccio? Da domani non mangio più? O vado a ravanare nella spazzatura (quella sì, che abbonda) per recuperare un po' dello spreco dei giorni passati? Sono un debole, non ne ho lo stomaco. Forse un giorno sarò anche costretto a farlo, ma per ora non ci riesco proprio.

Eppure, sempre a detta del suddetto studioso, proprio la spazzatura sarà la nostra più prossima e più utile risorsa... preparate guanti e mascherine (ed acquistate azioni di chi produce antiemetici: andranno a ruba), stiamo per entrare nella più puzzolente delle ere: l'età d'oro della discarica. Già alcune delle popolazioni più furbe hanno inviato i loro primi scout per preparare il terreno: basti guardare le grandi discariche alle porte di Rio de Janeiro, o delle (poche) grandi città africane, dove schiere di ragazzini armati di rozzi uncini e capienti sacchi di plastica frugano senza sosta sopra Everest di rifiuti per recuperare il recuperabile, riciclare l'irriciclato, lo sprecato, l'apparente scarto.

Oppure basta pensare ad alcune "tribù" di giovani nella civilissima Australia che praticano il "garbaging", una sorta di ribellione al sistema consumistico, e campano mangiando (esatto, mangiando) quello che trovano nei cassonetti dietro ai supermercati/ipermercati/sprecomercati della città. E campano, pare, abbastanza bene ed in buona salute... a gratis.

Landing on a desert planet... è ora di piantare qualche seme, sperare che attecchisca, e, per usare un termine caro ai cultori di fantascienza, "terraformare" di nuovo questo pianeta.

sabato 20 settembre 2008

Un piccolo miracolo

Quasi diciott'anni, cresciuto bene, sano, un po' ribelle, come piace a me, ma senza mai dare un pensiero, una noia, un fastidio. Spesso passavamo del tempo insieme, lo educavo, a modo mio, gli lasciavo i suoi spazi, la libertà di prendere la sua forma.

Le ultime ferie, abbiamo deciso di lasciarlo solo a casa: ormai grande, abituato a cavarsela da sé, ci siamo fidati, io e Donatella. E siamo partiti.
Al ritorno, la triste sorpresa: morto.

È stato un dolore inaspettato, per me e per Dona, sembrava così forte, così rigoglioso... era con noi da sempre, da quando ci siamo conosciuti, era un po' il simbolo della nostra unione, quasi uno stemma, era il nostro piccolo olmo.

Ed ora era lì... le foglie accartocciate irrimediabilmente secche, i rami senza ombra di linfa.
Abbiamo continuato a sperare, a dargli acqua, come fosse ancora vivo, senza toccarlo, senza staccare un ramo, una singola foglia, ma sembrava tutto inutile.

Ci stavamo tristemente rassegnando, quando è avvenuto il piccolo miracolo: ha ricominciato a gettare foglie nuove!
All'inizio quasi dalla base del tronco, poi, mano mano, sempre più in alto, fino ad arrivare a rametti che non avresti mai creduto si potessero riprendere. Una gioia profonda e inaspettata.

Certo, ha sofferto molto, e temo che una parte di lui non si riprenderà più, ma è ancora vivo, e vitale, e forte di quella forza di chi non si arrende mai, di chi non sa proprio cosa voglia dire essere sconfitti, di chi ha comunque visto in faccia il dolore e quasi la morte, ma non ha avuto paura di lottare, ed ha vinto.

Oggi ho affrontato il compito di riportare l'ammasso disordinato di foglie secche e foglie verdi ad una dimensione più... umana. È stato un compito delicato, quasi un'operazione chirurgica, con Donatella che assisteva, un po' in ansia, al mio tagliare di qua e di là. Credo abbia visibilmente sussultato, quando ho tagliato dei rami verdi, ma erano troppo lunghi, e le foglie troppo grandi... dovevo intervenire.

L'intervento, comunque, pare pienamente riuscito, ed il nostro piccolo bonsai sembra tornato a nuova vita. Ora, lasciamo fare alla natura... vedremo come sarà diventato a primavera prossima.

Per ora, documento il "postoperatorio" con un paio di immagini...



Settembre

Settembre... il freddo è arrivato arrogante, improvviso, a tagliare fuori un'estate che era stata sin troppo prodiga di sé. La pioggia ha dato linfa nuova alle piante e ingrigito i cieli, in un'anteprima dell'inverno che verrà. Stamane un timido sole stempera un cielo sereno ma freddo, chiuso in se stesso. Eppure solo dieci giorni fa pensavamo di essere ai tropici... E John Lennon, in questo istante, parte con "Happy Xmas": il caso ci mette del suo...

John canta anche "war is over", nello stesso pezzo: e già qui la cosa è meno adatta. Perché sono convinto che, invece, siamo in guerra: cruenta senza sangue, silenziosamente violenta, cordialmente senza quartiere, milioni, le vittime innocenti e spesso inconsapevoli, senza neanche la sensazione di essere state colpite a morte.

La guerra è quella della vita quotidiana, della schiavitù moderna, delle mandrie di persone mandate al macello nei centri commerciali, negli ipermercati, nei distributori di benzina, al lavoro ogni giorno per mantenere un sistema che ogni momento di più scricchiola e traballa, galeone spagnolo in piena tempesta tropicale, con i capitani e gli ufficiali che tranquillamente ordinano di andare avanti, che va tutto bene... mentre sono al sicuro su un'altra nave.

Ci parlano dal video, sono presenze ectoplasmiche, sembrano con noi, in casa nostra, ma non ci sono, sono letteralmente su un altro pianeta. Lontani dalla battaglia.


E mi viene da chiedermi perché combatto, per chi combatto, e come posso fare per non venire ucciso, e dove sta la via di casa, come posso uscire da questo sistema malato, che mette schiavi contro schiavi, in una gigantesca partita di scacchi (il "gioco della guerra", lo chiamavano i persiani) in cui tutti sono pedine, sacrificabili, ma re e regine non sono sulle caselle, giocano altrove.


Ho appena iniziato "Regime" di Travaglio e Gomez, un colossale pugno nello stomaco, e mi rendo conto che le mie sensazioni non erano illusorie, le mie fantasie sono il riflesso di qualcosa di ben più concreto, é tutto vero, è tutto reale, tangibile, ci sono persone che decidono della mia vita ben oltre i limiti che io gli ho concesso... hanno clonato la mia firma su una delega in bianco, e fanno ciò che vogliono. 

Senza un motivo apparente, mi torna in mente una vecchia fiaba: "Gli abiti nuovi dell'imperatore" di Andersen. La curiosità mi spinge su Wikipedia, dove scopro che Andersen ha ripreso una storia spagnola che risale almeno al mllletrecento. Come dire che la storia si ripete... lo raccontavano ai bambini dalla notte dei tempi che in certe situazioni è necessario, è dirompente, è sopravvivenza sociale dire la verità.
Anche quando sembra che nessuno la voglia sentire.


Siamo nella stessa situazione: il re è nudo, ma nessuno lo dice, i cortigiani si sperticano in lodi e commenti entusiasti, ad un tale volume che non una voce contraria riesce ad essere udita. E, per non correre rischi, hanno tappato la bocca a tutti. Se nessuno ne parla, il fatto non è reale, non esiste proprio... alla faccia di Orwell, che aveva assolutamente indovinato, se non nei modi, nel senso.

Nella fiaba l'incantesimo viene spezzato da un bimbo: l'unico a non conoscere, a non capire la paura della gente che assiste alla sfilata di quel re indecente, impudente, arrogante e totalmente stupido, l'unico a non essere stato abbindolato dai "furbi mercanti" che spacciavano il nulla come l'unica vera realtà.

Diogene cercava l'Uomo con una lanterna. Penso che sia tempo di iniziare a cercare il Bambino, con le fotoelettriche.

PERCHÉ IL RE È NUDO!

mercoledì 3 settembre 2008

Ritratto con barba 2


Mi costringeranno a tagliarla presto... allora io la documento! È la barba più lunga che io abbia mai avuto.

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Splash!


Siamo tornati... già da qualche giorno. Ho come uno sfasamento da "jet lag", ancora non sono davvero dentro il solito tran tran, c'è in giro, anche in ufficio, un'aria come da vacanza protratta, ferie che sono finite, ma forse ancora no.

È strano, inconsueto, per me, sentirmi così. Non sono un viaggiatore, non lo sono mai stato, quindi in realtà non so nemmeno cosa sia un jet lag vero, ma lo straniamento che provo mi fa immaginare che ci si senta così. Non ho voglia di lavorare, cosa altrettanto insolita, ma faccio cose, vedo gente, rido, scherzo... tutto normale. Tutto normale? Un'estate passata in un lampo, come calendario, che ancora persiste come se non dovesse finire mai, il caldo opprimente di questi ultimi due giorni che fa sospirare le temperature dei millequattrocento metri, l'aria pulita e fresca, le montagne, l'azzurro del lago... tutto normale?

No, non è normale. È un senso di sospensione del tempo, è come essere spettatore della propria esistenza, guardarsi "da fuori" fare quello che ci si aspetta tu faccia, come un osservatore distratto che chiede: chi è questo? Che cosa sta facendo? Ma che curioso, guardalo, sembra un pesce fuor d'acqua, cammina, si siede, si rialza, parla, torna, si risiede, si rialza e si muove di continuo come un'anima in pena. Ma che fa?

Già, che faccio? Che facciamo, io e il mio "doppelganger", strana e allucinata coppia, se mai ce ne fu una?

Bene, francamente, me ne infischio, tanto per citare un film che non ho visto. La verità è che sto bene così, in questa sorta di limbo un po' ovattato, la testa sgombra, pensieri e problemi accantonati per un lungo attimo, lo sguardo perso in altri orizzonti. Sto forse fantasticando? Probabilmente sì. E allora? Mi sembra di essere una batteria in fase di ricarica: per una volta, una volta soltanto, prendo anziché dare.

Ma saprò farmi perdonare anche questo. Domani.