È primavera già da quattro giorni, oggi è anche una bella giornata, limpida e azzurra... è proprio ora di fare un po' di pulizie di primavera. La finestra davanti a me inquadra delle anziane signore che già si danno dattorno a sciorinare lenzuola e copriletti, azzurri come il cielo, in una lenta e frenetica danza da formiche operaie.
È tempo di pulizia, dentro e fuori, è tempo di rinnovare l'aria, di togliere la polvere, tornare a sentire l'ebbrezza dell'aria fresca che tonifica la mente e il corpo. Tornare a vivere, insomma. L'essenza stessa del concetto di primavera.
È stato un inverno duro, cupo, freddo e non solo in senso meteorologico. Pessime previsioni, pessime aspettative, pessima realtà quotidiana. Ma siamo comunque sopravvissuti, siamo comunque andati oltre, con una tenacia che non si sospettava avessimo, che io non sospettavo di avere. Questo deve pur significare qualcosa, no? Qualunque cosa sia, è bello che ci sia. Abbiamo provato una volta di più che è difficile abbatterci, che esiste una forza positiva che resiste, resiste, resiste, testardamente resiste, a dispetto anche dell'evidenza dei fatti.
Quest'ennesima prova, in fondo (molto in fondo) ha avuto anche un lato positivo: lo scemare delle risorse ha costretto un po' tutti a rivedere le priorità, ad eliminare sovrastrutture posticce e fittizie, desideri indotti ed artificiali, bisogni inesistenti per concentrarsi su quello che serve realmente, sui livelli minimi di sopravvivenza, e solo dopo, con quello che avanza, se avanza, dare un po' di sapore.
Ora, la chiamata alla nuova vita della natura, la primavera, impone un'altra riflessione: dove vogliamo crescere? In che direzione, con quali regole, con quali risorse, per costruire che cosa? Indietro non si torna, questo è assodato: la demolizione del sistema che esisteva è stata totale, checché ne dicano i media, quindi siamo ad un momento di svolta radicale. Tocca solo vedere chi guida...
E qui siamo messi maluccio, direi.