mercoledì 28 luglio 2010

4attro!


E questo è il quarto arrivo! Oggi, alle 11,32, tre chili e trecento per cinquantadue centimetri. Si chiama Riccardo. Junior, ovviamente. Una bella e grande emozione...
Anche se la foto non gli rende giustizia. Ma si sa, le foto col telefonino non sono il massimo... Appena posso lo immortalerò come si deve.
Nonno alla quarta... chi me lo avesse detto diciotto anni fa si sarebbe beccato una risata in faccia.
Poi dicono che la vita non è strana.

giovedì 24 giugno 2010

Fuori da tutto


Fuori da tutto: tra qualche minuto la nazionale italiana sarà fuori dai mondiali. Al primo turno, senza mai aver vinto neppure una partita. Senza neppure essere mai entrata in partita. Grande metafora dei tempi che stiamo vivendo.

Non sono un patito di calcio, ma ogni quattro anni vengo preso da una recrudescenza del virus genetico di ogni italiano, e mi guardo i campionati del mondo come fossi un tifoso vero. Solo le partite dell'Italia, però. E pensavo di avere un "aplomb" un po' più britannico... le prime due partite le ho viste con distaccato interesse, questa, l'ho vissuta come una vera e propria ordalia. Per me, arrivare a camminare nervosamente avanti e indietro, l'occhio fisso al monitor, borbottando incomprensibilmente senza neppure accorgermene, è una cosa fuori dal mondo: eppure è quello che è successo poco fa, ed ancora sento l'adrenalina che scorre e mi fa tremare le gambe.

Al secondo gol della Slovacchia, ho spento il televisore.

Non ce la facevo più... non sarebbe carino farsi venire un infarto per una partita di calcio. Ma il bar di sotto, giù in strada, è un'eco del monitor, anche se spento, e le voci indistinte che mi arrivano hanno completato la telecronaca mentre sto scrivendo. Due a uno, e siamo fuori. Come disse qualcuno, anche questa è fatta.

Piano piano i rumori della città riprendono il loro ritmo normale, dopo l'assurda sospensione di questi novanta minuti, il rumore del traffico recupera spazio sul silenzio assordante che dominava le strade, ma con garbo, quasi in sordina, con un senso di straniamento da postumi di sbornia, riaprendo gli occhi ad una realtà abbacinante, con timore, quasi con dolore, svegliandosi dal sogno.

Risveglio amaro, che la luce di questo pomeriggio non riesce a rischiarare: è finito in incubo alche l'ultimo sogno, e non c'è niente altro da sognare.

Forse, adesso, sarà il caso di pensare a ricostruire.

domenica 4 aprile 2010

Alien nation

Pasqua di resurrezione, ma mi sembra di non essere granché risorto. Per essere più precisi, ho la netta sensazione di essere un alieno, uno straniero in terra straniera... e sale sempre più forte la voglia di andare via, di cercare un posto meno assurdo dove vivere, dove con la giusta fatica e un po' di fortuna si possa veramente costruire qualcosa. Ma non qui. Non in questo paese assurdo, dove il grande fratello non è solo un programma televisivo cretino, dove la gente comune che ancora tenta di pensare con la propria testa viene confinata, ghettizzata, schiavizzata e irrisa dalla massa di dementi che si beve le idolatrie catodiche dello psiconano e della sua corte di lacché e ballerine. Un paese dove il tasso di natalità è sceso a zero, e con esso il tasso medio di intelligenza. Dove l'analfabetismo di ritorno sembra essere la cultura dominante, dove essere idioti è la norma, e la sensibilità, la tolleranza, la voglia di fare sono visti come fumo negli occhi dalla "massa benpensante", orrido ossimoro, dove la furbizia è la dichiarata prassi di vita, senza nemmeno capire che senza intelligenza non c'è furbizia. Un paese di mentecatti che non sanno neanche di non sapere, ed in virtù di ciò pretendono di governare le vite altrui. Un paese di merda.

Mi sento un alieno, uno "strano", un diverso, un emarginato, decisamente antisociale, fondamentalmente anarchico (ma non particolarmente violento), fanaticamente contrario ad ogni forma di fanatismo. E di fanatici ce ne sono fin troppi, ormai. Sembra quasi che il tanto decantato bipolarismo in politica abbia determinato la necessità di schierarsi dall'una o dall'altra parte con devozione totale, fanatica, in una dicotomia "noi contro tutti gli altri" che preclude al totalitarismo od alla guerra civile. Dalle tifoserie calcistiche alle correnti parlamentari, passando per i condomini, le riunioni parrocchiali e le associazioni più varie, è tutto un litigio, una rissa, una lotta a palle di fango, tanto per usare un eufemismo. Io, con questa roba, non c'entro niente. Allora, cosa cazzo ci sto a fare, qui? Alieno, decisamente alieno.

Va bene, la destra ha vinto le elezioni. Dunque, in questo paese di merda una massa relativa di imbecilli (fatevi i conti, considerando l'astensionismo...) ha preso il potere, e vuole tenerselo a tutti i costi, per fare la bella vita nonché i loro porci comodi, a scapito di tutto e di tutti, e in culo il futuro, tanto sarò morto, quindi chissenefrega.

Qualunquista? Superficiale? Non posso fare di tutta l'erba un fascio? Dico, ma vi siete guardati intorno? Parafrasando Monicelli, qui ci vorrebbe una rivoluzione, ma non possono essere gli italiani a farla. Sono geneticamente incompatibili con le rivoluzioni. E questo, la corte dei miracoli che pretende di governarci lo ha capito benissimo.

Forse non sono io l'alieno. Forse è questa nazione ad essere aliena. Soprattutto all'intelligenza.

Con tutto il rispetto per coloro che continuano a lottare. Io, non ne posso più.

sabato 23 gennaio 2010

E sono tre...


Antonio, capricorno... che mi ha reso pseudononno per la terza volta!
Accidenti come passa il tempo...

sabato 21 novembre 2009

Il silenzio degli innocenti


Bellissimo film, e bellissimo titolo, che ho "piratato" per poter sintetizzare in maniera efficace i lunghi mesi di assenza da questo blog.
Gli innocenti, in questo caso, sono la gente come me, gli ingenui appassionati che profondono fiumi di energia in tutto, per poi trovarsi svuotati quando si tratta di cose che riguardano loro stessi. I miei piaceri, i miei divertimenti, le mie passioni, i miei interessi, sono comunque secondari rispetto ai doveri, alle necessità, alla quotidianità, al lavoro, agli altri in generale. È una mia scelta, e l'ho fatta con gioia, ma è anche una scelta che comporta il lasciare in secondo piano cose apparentemente futili, come ad esempio questo blog, per poter dedicare tutto il tempo che mi resta agli altri impegni. Agli altri.

Gli innocenti sono anche le persone, come me, che non hanno colpe ma subiscono conseguenze, che "tirano" nonostante tutto e tutti ma non hanno un attimo di requie dal giogo, tanto da arrivare a chiedersi, quando proprio sono allo stremo, "ma chi me lo fa fare?". Per poi sentirsi in colpa. Perché gli innocenti, come me, hanno evidentemente problemi di autostima, sottovalutano il valore di quello che fanno e, dato che sono innocenti, sono felici solo quando riescono a fare felice qualcun altro. Ovviamente, rinunciando alla propria felicità. Paradosso? Quale paradosso?

Ma gli innocenti sono anche persone che si incazzano. Soprattutto quando le assurdità diventano costume, norma e legge: quando si vedono i diritti (degli altri, ovvio) calpestati e derisi, quando la legge del più forte assurge a legge dello Stato, quando pezzo dopo pezzo ci si vede sottrarre tutto quello che intere generazioni hanno faticato a costruire, quando i diritti elementari, naturali di ogni singolo essere umano vengono negati ed offesi dall'arrogante tracotanza di chi crede di possedere le leve del potere, quando in realtà le ha solo in prestito e deve rispondere dell'uso che ne fa. Deve risponderne agli innocenti. Che sono tanti, all'apparenza passivi, generalmente intelligenti e molto, molto pericolosi quando permettono all'incazzatura di venire fuori. "Guardati dall'ira del buono", cita un proverbio: la storia tende a ripetersi, è evidente.

Il corollario a tutto questo è: rendi inoffensivi gli innocenti. Approfitta della loro innocenza, della loro ingenuità, della loro buona fede per convincerli che la loro rabbia è una colpa, che va tutto bene, che non potrebbe esserci mondo migliore e che i piccoli difettucci che ogni tanto appaiono qua e là si risolvono subito: basta lavorare di più, dare di più, chinare un altro po' la testa e darci dentro con lena, perché non possiamo fermarci adesso, ad un passo dalla meta, dalla terra promessa, dal paradiso perduto. Crea dei sensi di colpa e diffondili, costruisci paradisi artificiali di cartone, chimica e tubo catodico, fai danzare le Urì ogni volta che qualcuno alza la testa, e non guarderà altro. Non penserà ad altro. Non penserà. Mai più.

La natura è matrigna, a volte.

La controffensiva a tutto questo è solo apparentemente semplice: basta pensare con la propria testa, affinare i propri sensi, cogliere tutti i linguaggi che vanno oltre la valanga di parole inutili ed afferrare il vero significato delle cose. Una bazzecola.
Basterebbe essere allenati sin da piccoli...

Questo discorso sui massimi sistemi si sta allargando troppo. Evidentemente, non scrivevo da così tanto che mi è sbottato fuori un mare di parole non troppo coerenti, senza un rigoroso filo logico, ma tant'è: avevo deciso di riprendere, ed ho ripreso. Non riprendetemi per la mia incoerenza, tornerà col tempo.

martedì 4 agosto 2009

bellissimo

La scienza e la vita che coincidono...

ora provo a vedere se funziona

World Science Festival 2009: Bobby McFerrin Demonstrates the Power of the Pentatonic Scale from World Science Festival on Vimeo.

... meraviglioso... in tutti i sensi.

Che cosa fantastica la mente umana!

domenica 19 luglio 2009

Cibo per l'anima

Bene, sono giunto alla conclusione che il cibo per l'anima è il cibo stesso. Meglio, la preparazione dello stesso. È domenica, ci siamo alzati tardi, l'aria non troppo rovente di questo torrido luglio ha lasciato un po' di requie alle stanche membra e ci siamo messi, io e Donatella, a preparare varie cose per il pranzo di oggi e per la settimana. Battuti di aglio e prezzemolo, carne trita da impastare con uova e pane ammollato nel latte, polpette e polpettoni, salsa di pomodoro fatta in casa, dai pomodori dell'orto del vicino che molto carinamente ci regala, peperoni ripieni dello stesso impasto di carne delle polpette... non ne avevo, ma mi è venuta fame.

La cosa più bella, però, è stato il cambio d'umore che è sopravvenuto man mano che le preparazioni andavano avanti: ho sentito Donatella canticchiare, io stesso mi sono trovato a miscelare con energia ed entusiasmo, a mani nude, quasi due chili di carne trita, con una serenità d'animo che mi ha sorpreso.

Il cibo, da sempre, è uno dei centri dell'attività umana: dalle preparazioni degli chef superstellati al malinconico piatto pronto surgelato, è un fulcro attorno al quale ruotano cultura, quotidianità, interessi economici, lavoro di milioni di persone. Tuttavia, credo che una delle parti principali della sua essenza vada lentamente ma inesorabilmente svanendo... la preparazione del cibo, da quello di tutti i giorni ai menu per le occasioni speciali, viene sempre di più percepita come una fatica inutile, un di più rispetto al piacere primario del mangiare, del degustare, del semplice sfamarsi.

Sono dell'opinione che sia un grossolano errore. La preparazione del cibo è, credo debba essere, parte integrante del cibo stesso. Non a caso i pasti rituali più importanti prevedono tuttora una preparazione che deve essere rigorosamente manuale, e che è essenziale alla buona riuscita non solo del pasto, ma del rito in quanto tale. La celebrazione dell'agnolotto non è solo sedersi a tavola e gustarlo, ma prepararlo e trasferire nella degustazione tutto il racconto della preparazione stessa, come un'omelia concomitante alla comunione. Preparare il cibo partendo dalle materie prime, a volte coltivare o allevare le stesse materie prime, è un'operazione che coinvolge tutti i sensi, un training che prelude alla degustazione, all'assunzione di energia attraverso il cibo, trasformandola in qualcosa di più che mettere benzina nel serbatoio. È come se preparando da me il pasto, trasferissi una parte della mia energia nel cibo, energia che poi torna, moltiplicata dal piacere della degustazione. Non si dice sempre che le cose che ti prepari da solo (o quelle che ti preparava mamma, o nonna, o tua moglie...) hanno un sapore diverso? Non si continua a dire, nonostante tutto, che le cose fatte in casa sono migliori?

Certo, la scusa principale è, a buon diritto, "ma chi ha il tempo di mettersi a preparare le cose?". È vero, il quotidiano ormai viene completamente assorbito da attività di sopravvivenza di altro tipo, leggi principalmente lavoro, il poco tempo che rimane deve essere dedicato alle attività sociali, altrimenti si finisce per abbrutirsi, dunque non resta molto tempo da spendere in riti che vengono molto spesso visti come retaggi di ere antiche... e molto maschiliste.

Credo, però, che sia necessario un cambio di direzione. Non tanto, o non solo, a causa del tempo di crisi che stiamo vivendo (avete fatto il conto di quanto costa un'insalata già pulita in busta contro quella fresca da pulite?), ma piuttosto per recuperare una socialità che è antichissima, quasi atavica, imperniata tutta sul valore del cibo come elemento di sopravvivenza della comunità, come tale spesso elemento sacro (basti pensare a quali e quanti dèi fossero impegnati in attività legate al cibo) che andava diviso e condiviso con tutti.

A ben guardare, sarebbe quasi una svolta epocale... tornare indietro per poter andare avanti. Non sarebbe certo cosa indolore, né poco faticosa, ma comporterebbe un tale cambiamento di mentalità che forse, e sottolineo forse, si potrebbe riuscire a vedere la luce in fondo al tunnel. Che è a tutt'oggi piuttosto buio. Chissà, potrebbe essere illuminato da un fornello da cucina...