martedì 18 novembre 2008

Tramontana

I primi freddi si affacciano e le giornate si accorciano. Il cielo, se e quando è sereno, acquista l'azzurro intenso delle montagne, che sono nitide e nette sullo sfondo della cartolina che vedo dal mio balcone, le più lontane, le più alte, già ingrigite dalle prime nevi.


La tramontana spazza le nuvole, deterge il cielo, riporta l'ossigeno freddo e vitale che invoglia a respirare a pieni polmoni. Amo questa sensazione, il vento freddo, che ti spinge e ti sostiene, taglia la faccia, ma riscalda l'anima e spinge a pensare. Il cristallo del cielo spinge lo sguardo più in là, a cercare le stelle che nasconde, una inaspettata falce di luna ti sorprende, diafana, a ricordare, a confermare che oltre c'è ben altro.

Tramontana... intirizzito, ma con una quieta adrenalina che ti sostiene, assapori il vento che ti passa tra i capelli, rombo bassissimo e ineguale nelle orecchie, un messaggio? Cosa mi vuole dire? Come faccio a rispondere? Mi rilasso nel tepore della giacca pesante, le mani in tasca, leggere, lascio che gli spifferi entrino dal collo, facciano respirare tutto il mio corpo, e non sento più freddo, né fatica.


Ovindoli, tanti anni fa. Era una giornata così, e camminando mi sono sporto per caso oltre il crinale: una raffica violenta e gelida mi ha quasi fatto cadere. Sono salito ancora, il vento era teso, gelido, sotto di me un vallone che correva stretto, in cui la tramontana si era incastrata per sgorgare là, violentissima, tsunami d'aria. Sono rimasto a lungo su quel crinale, sospeso nel tempo e nello spazio, la pressione era così forte da farmi credere di potermi abbandonare, di potermi librare, staccarmi da terra, da tutto e da tutti, dimenticare il peso che ti grava sul petto. E volare.

Ma oramai ho perso la tramontana.

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